Programma e trame: mercoledì 18 sera

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dalle 21.00 

Saluto di appuntamento alla prossima edizione del festival / Looking forward to seeing you at the next edition of the festival

Premio Anno uno. Franco Piavoli, al primo soffio del cinema 

consegna del Premio Anno uno a/Anno uno award to Franco Piavoli 

 

AL PRIMO SOFFIO DI VENTO 

Franco Piavoli, 2002, 85'. 

Regia, sceneggiatura, fotografia: FrancoPiavoli; scenografiacostumi: NeriaPoli; montaggio, suono: Mario Piavoli;interpreti: Primo Gaburri, Mariella Fabbris, Ida Carnevali, Alessandra Agosti,Bianca Galeazzi, Lucky Ben Dele; origine: Italia, 2002; formato: 35mm, col.;durata: 85'.Copia 35mm da Cineteca Italiana.

TRAMA:

Nella calura di un giorno d'estate una famiglia si assopisce poco a poco nella malinconia e nell'isolamento. Sulla riva del fiume la vita esplode nei canti di un gruppo di lavoranti immigrati. Al tramonto la musica suonata al pianoforte dalla giovane figlia risuona nelle stanze dell'antica dimora ampliando il silenzio e la solitudine di tutti.

«Il soffio è quello di una emozione intima, una vibrazione del corpo sempre maggiore, al punto da essere stordito come una foglia, al primo sbadiglio di vento. Medea, sola nel bosco, attende Giasone, prima di essere fatalmente rapita e trasportata lontano. È da questo verso di Apollonio Rodio, contenuto nel terzo libro delle Argonautiche, che Franco Piavoli, l'autore di Voci nel tempo, ha tratto la suggestione iniziale per girare questo suo lavoro, sulla solitudine di una famiglia e sul rapido svanire dei brevi tremori della carne il cui ricordo vive per tutta la vita in chi ne fu attraversato». 

Giancarlo Mancini, «Sentieri selvaggi», 

25 settembre 2003 

«Una casa di campagna nel caldo soffocante dell'estate, un uomo chino sui suoi libri, una donna persa nelle sue fantasie, una ragazza che scopre l'amore. E fuori, osservati e osservanti, due africani spingono grandi balle di paglia: sono loro i nuovi sfruttati, l'ultima chance per il rinnovamento del mondo? Franco Piavoli non dà risposte, ma la sua macchina da presa, consapevole di Lucrezio e della scienza contemporanea, sa dare il giusto valore ad ogni singolo gesto. Sa raccontare l'incanto della natura e il suo sotterraneo dolore, sa caricare un sospiro di sottilissimo erotismo e sa esprimere l'ambivalenza, fra attrazione e timore, di uno sguardo. E tutto senza sprecare parole. Un film intenso, da vedere e ascoltare con grande cura».

Luca Mosso, «La Repubblica»

«TuttoMilano», 2 ottobre 2003

 

alle 22:30

Nico d'Alessandria, l'indispensabilità dei coatti / Germogli, II 

 

LE CASTAGNE SONO BUONE 

Pietro Germi, 1970, 108'. 

Regia: Pietro Germi; sceneggiatura: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinetti, P. Germi; fotografia: Ajace Parolin; montaggio: Sandro Lena; musica: Carlo Rustichelli; interpreti: Gianni Morandi, Stefania Casini, Nicoletta Machiavelli, Franco Fabrizi, Gigi Reder, Giuseppe Rinaldi; produzione: RPA/Rizzoli Film; origine: Italia, 1970; formato: 35mm, col.; durata: 108'. Copia integrale 35mm (prima edizione integrale) da Cineteca Italiana (Fondo Mediaset). 

TRAMA:

Luigi, un giovane regista, spregiudicato e donnaiolo, conosce Carla, un'innocente studentessa. Lui ci prova, lei non cede perché crede solo ai sentimenti durevoli. Lui allora la presenta ai propri genitori, ma quando finalmente potrebbe averla preferisce eclissarsi per non deluderla. Tempo dopo incontra la sorella di Carla, reduce da una delusione amorosa e da un tentativo di suicidio. Al pensiero di Carla, Luigi capisce la sua vacuità e torna da lei, deciso a mettere la testa a posto

«L'ultimo film di Pietro Germi, Le ca stagne sono buone, è uscito sugli schermi delle maggiori città italiane. I giudizi dei critici nei suoi confronti sono stati -quasi all'unanimità - severamente negativi. Si è parlato di "netta involuzione" del regista, "di nauseante ottimismo" del film "tanto da rammentare il cinema del ventennio di cui la pellicola è parente stretto", di "rugiadoso semplicismo", di "prodotto di consumo mistificatorio della realtà nostrana", di "retrivo moralismo piccolo borghese". La ragazza sentimentale, candida, che finisce per trionfare del cinismo di un giovane regista televisivo, fino a farsi sposare da lui convincendolo della giustezza delle sue convinzioni, insomma, non è piaciuta per niente. [...] Che effetto le hanno fatto, signor Germi, le critiche al suo film? [...] "Sono fiero di averlo girato. Lo rifarei tale e quale. Sostengo il suo assunto, e sono certo che avrà rispondenza nel pubblico, almeno fra le persone perbene, che possono trovarsi dappertutto, dai metalmeccanici agli intellettuali. Certo è un film strano, addirittura scandaloso. Difende uno degli ultimi tabù rimasti: la morale. Ci vuole coraggio, lo ammetto, per dirne bene. [...] Il film si rivolge a tutti quelli che hanno un'anima, e un'anima ce l'hanno tutti. Cos'è questa storica che un vecchio vale meno di un giovane? Non ha senso. E poi, quelli che si agitano, si mettono in mostra, contestano e fanno baccano - diciamolo chiaramente - sono una minoranza. Io invece mi rivolgo alla maggioranza, a loro dedico il film, offro un incoraggiamento a continuare a credere nelle loro idee, a non lasciarsi abbindolare da falsi moralismi. [...] Il film non offenderebbe la sensibilità di un bambino. Ma i censori hanno pensato che in una scena - quella in cui alcuni giovani recitano in un teatrino d'avanguardia -si pronuncino parole scurrili. Se me lo chiederanno, coprirò quelle battute con la colonna sonora. Non è facile né piacevole, ma sono disposto a farlo purché cada il divieto"».

Liliana Madeo, Germi polemico tuona e difende le castagne, «La Stampa»,

11 novembre 1970

 

 

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