FilmTv intervista Il direttore Sergio Grmek Germani

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I mille occhi non si arrende: oltre alla felice convergenza con Fuori orario (vedi n. 36/2020 e alle pagine 49 e 61), la 19ª edizione del festival triestino propone, dal 18 al 22/9, una programmazione in sala. Ne abbiamo parlato col direttore Sergio M. Grmek Germani. Quest'anno presentare un'edizione in presenza è già un successo. Quali sono state le maggiori difficoltà? I mille occhi è una forzatura rispetto alle tranquille possibilità di realizzazione di un festival. Quest'anno si fa veramente con quattro soldi, e grazie all'aiuto e alla stima di colleghi e cineteche. Purtroppo non siamo mai riusciti a ottenere i finanziamenti statali. A cosa pensi sia dovuto? Il MiBACT non considera la nostra ricerca su film rari e dimenticati una priorità. Tende a privilegiare, oltre ai grandi festival generalisti, quelli specializzati su un genere o una cinematografia, e non apprezza la nostra trasversalità. Ma penso che questo tradisca una certa pigrizia. L'edizione di quest'anno si chiama Il prurito, in onore di un film perduto (l'unico diretto da Carlo Levi, prodotto da Ferreri). Il nostro vuole essere un invito a sollecitarne la ricerca, ma c'è altro: il prurito è un atto fisico subìto a cui si reagisce grattandosi, e noi a queste disattenzioni abbiamo reagito con la 19ª edizione. L'immagine che abbiamo scelto, invece, è Musidora (sopra, ndr), la star di Les vampires di Feuillade. È circondata di ritratti di se stessa, e questa moltiplicazione delle immagini richiama il nome del festival. Gli appuntamenti fondamentali? Non ci sono tantissimi film come in passato. Ma tutti i titoli che proponiamo sono fortemente voluti. Il cinema italiano resta uno degli oggetti fondamentali: ci soffermiamo su alcuni film di Matarazzo e Cottafavi, due autori a torto considerati "mestieranti", ma lavoriamo anche su Rossellini e sulle sue opere che più sono passate inosservate. Proponiamo anche una prima visione assoluta, Solitudine donna di Eckhart Schmidt, girato proprio a Trieste durante la scorsa edizione del festival. E poi abbiamo recuperato Altre epifanie di Ellis Donda, uno degli oggetti più misteriosi e affascinanti del cinema italiano degli anni 80. Era andato perduto, ma abbiamo riversato in digitale una VHS di un passaggio televisivo. Non è come avere il master originale, ma è sempre meglio di non mostrare il film. Il festival riserva sempre molta attenzione alle copie e ai supporti. Non siamo dogmatici, studiamo soluzioni tarate sui diversi film, ma un punto fermo è rimanere più vicini possibile al "corpo" dell'originale: non accetteremo mai l'idea che un film girato in pellicola sia meglio in digitale, e infatti anche quest'anno, dove possibile, presentiamo copie in 35 mm. Ma la ricerca è ulteriore: per esempio proponiamo Mary Poppins nella versione italiana d'epoca. Non perché non potessimo procurarci quella originale, ma perché stiamo portando avanti una ricerca sul doppiaggio italiano dagli anni 30 ai 60, sugli universi sonori che sapeva creare.

MARIA SOLE COLOMBO - FILMTV

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