LOVE AFFAIR

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Domenica 20 Settembre DALLE 01:20

LOVE AFFAIR

 

Regia: Leo McCarey; USA, 25 da La casa è nera 1939; formato: 35mm, b/n; durata: 88'.

 

La prima delle due versioni di un incontro d'amore realizzate da uno dei massimi cineasti: l'esistenza stessa di questo film e del suo "remake" (termine obbrobrioso in questo caso) è l'immagine più vera dell'amore, di corpi (non solo degli amanti, ma anche della nonna nella sua duplice incarnazione) che rinviano il loro incontro. Ed ecco il cinema più necessario, che quando pare finire inizia infinitamente. (smgg) «Charles Boyer (con cui McCarey ha girato Love Affair) lo citava come il suo preferito fra i film realizzati in America, e non difficile capire il perché. Al posto del solito fascino rilassato da fin de siècle, tipico di Boyer, Michel ha dei contorni più duri e spigolosi, un'aggressività amara e dei moti profondi che traspaiono in superficie solo gradualmente. Curiosamente, dopo aver definito McCarey "un grande artista sottovalutato" e aver anticipato i termini di una collaborazione metodica e riflessiva, Boyer fu sorpreso di scoprire che il 26 regista immaginava e componeva i pezzi della storia strada facendo, arrivando anche a interrompere le riprese per decidere che cosa i due innamorati avrebbero fatto una volta scesi dalla nave. McCarey sembrava inoltre indifferente all'analisi del personaggio e si aspettava che ogni giorno Boyer contribusse a creare i propri dialoghi appena prima di girare. Ma se Love Affair ricorda Viaggio in Italia (1953) di Rossellini per il caos apparente delle riprese, i due film si somigliano anche per la perfezione del risultato, che incanala la profonda combustione interiore dei personaggi con uno spazio spirituale esterno. È questo a risultare disturbante, per esempio, quando Michel si ritrova a tenere in mano lo scialle. Ancora una volta, McCarey combina due punti di vista: Michel che lotta con se stesso per rimanere a distanza da Terry e l'indicazione che gli arriva dall'oltretomba. La battuta scherzosa di Terry "Vai dalla mia stessa parte?" acquista un nuovo significato. Michel alla fine dipinge ciò che sente: la nonna che lascia lo scialle a Terry. McCarey non ci lascia mai vedere bene il dipinto. Nella galleria è a distanza e oscurato dagli oggetti in primo piano, ma la mostra contiene soltanto tre quadri, tutti ritratti di donne in momenti di rapimento e trionfo. Il dipinto di Michel è visto a distanza per ottenere lo stesso effetto dell'Empire State Building, distanziato come un riflesso su una porta a vetri quando Terry guarda "la cosa più vicina al paradiso che abbiamo a New York". [...] McCarey articola il cuore di questo melodramma attraverso le inquadrature e i raccordi, ma anche gli oggetti, la musica e le sfumature di gesti e voci. Come in un film di Bresson, i personaggi prendono vita, emozionalmente, attraverso l'artificio del cinema».

 

Tag Gallagher, Going My Way, «Screening the Past», dicembre 2001

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