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Servizio realizzato
per il programma "QuestEstate". Il
ritorno al paese è quello dello scrittore Mario Rigoni Stern, il
quale, ogni volta che trascorre un po' di tempo in città, si sente
assalire dalla malinconia e dalla nostalgia per la propria terra
d'origine.
Sabato 19 settembre 2015,
intorno alle ore 18.25, Teatro Miela
I
recuperanti
di Ermanno
Olmi, 1970
Chi erano i recuperanti?
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, le economie locali erano i
ginocchio, solamente una risorsa era disponibile in maniera
abbondante: i residuati bellici, eredità della precedente Grande
Guerra. Figure dimenticate dalla storia, i recuperanti furono portati
alla conoscenza di un vasto pubblico grazie ai libri di Mario Rigoni
Stern ed all'omonimo film di Ermanno Olmi. Gianni, il protagonista
della vicenda, si avvicina a questo rischioso mestiere spinto
inizialmente dalla necessità ma presto vi intravede un modo per
ottenere rapidi guadagni. Dalla terra però non emerge solo il
metallo di bombe ed elmetti: la scoperta di numerosi scheletri di
soldati tedeschi scuote profondamente la sensibilità del
protagonista. Solo l'abbandono dei sogni di un benessere rapido,
può rappresentare davvero un modo per ripartire, e ricostruire dalle
macerie un futuro.
«I
recuperanti nacque in
una delle tante sere di fine anno quando la compagnia
asiaghese di Val Giardini si riunisce intorno a Mario Rigoni Stern,
sovrano democraticissimo della nostra comunità montanara. [...] È
proprio allora che la genialità di Mario, inaspettatamente,
«Un alpino della settima è nato come un discorso contro
la guerra, evitando i luoghi comuni soliti, [...] arrivando a vedere
quello che resta di grave nella gente per colpa della guerra. È un
documentario intimista, però alla fine salta fuori proprio il
discorso diciamo anche feroce (perché questo era il mio intento)
contro la guerra. È una famiglia che la guerra ha distrutto. Il
figlio non si è sposato anche per [...] stare vicino alla madre, che
è rimasta vedova del marito caduto in guerra sulle Dolomiti [...] e
mai più ritrovato. Questo ha determinato un dolore inestinguibile in
tutta la famiglia, e l'ha distrutta. La moglie di questo soldato
"ignoto" è morta di crepacuore, mentre il figlio si è messo in
testa di cercare i resti del padre fra le Dolomiti, frugando fra le
rocce. Un discorso [...] un po' folle, un po' assurdo, come i
paesani lo definivano, ma lui ha insistito per tutta la vita [...],
pensando di poter trovare il padre».
Volontari,
collaboratori e pubblico hanno
contribuito alla realizzazione del promo
2015: gli occhi dei partecipanti sono stati ripresi per dare vita a
un video composito, in cui sono proprio mille occhi a spalancarsi,
mille sguardi sul cinema, di ogni luogo, di ogni tempo. Non resta che
spalancare le porte della percezione e abbandonarsi alla visione di
un vortice di sguardi, i nostri.Sabato
19 settembre 2015, intorno alle ore 20.10, Teatro Miela
La
serata di sabato 19, a partire dalle ore 20.45,
è dedicata al cinema della scultrice e pittrice francese Niki
de Saint Phalle,
aprendo con il tributo di Paola Pisani My
Love (2015)
e alla presenza d'eccezione della figlia Laura
Duke Condominas
attrice per Robert
Bresson
in Lancelot
du Lace
protagonista
di Camélia
et le dragonin
programma durante la serata.
Unica
artista donna del movimento del Nouveau
Réalisme,
nota
per aver ideato e realizzato - sempre all'insegna della ribellione
contro i poteri costituiti e della riappropriazione simbolica del
corpo femminile - gli Shooting
Paintings
e le enormi sculture di nudi femminili dette Nanas,Niki
de Saint Phalle ha
diretto anche due lungometraggi inclassificabili ed estremamente
personali. Il primo,
il semiautobiografico Daddy:
A Bedtime Story (1973),
è uno dei più provocatori film erotici degli anni '70: attraverso
quest'opera l'artista volle esorcizzare gli
abusi sessuali subiti a 11 anni dal padre, portando alle estreme
conseguenze ogni archetipo freudiano in materia. Questo film, che
conferma l'interesse della Saint Phalle per il valore terapeutico
dell'espressione
Camélia
et le dragon [Un rêve plus long que la nuit] di Niki de Saint Phalle, 1976
«Il moderno cinema francese, per non dire d'avanguardia,
è fondato essenzialmente sul discorso, sull'intensivo lavoro a
livello del significato, del suono e della musicalità, colte nelle
loro diverse possibilità tonali [...]. Con Un rêve plus long que
la nuit assistiamo a un brutale cambio di polarità, che dirotta
il campo d'espressione verso la pratica di una lingua quasi
esclusivamente visiva. [...] Attingendo all'immaginario delle fiabe
popolari e all'universo delle arti plastiche - la migliore
maieutica possibile per l'autrice, che trova le risposte alle sue
angosce nella materialità della sua stessa opera -, Niki de Saint
Phalle ci mostra una ricerca iniziatica che si dà come la sintesi di
tutti i suoi ideali estetici e umani. [...]
«Oscillando
fortemente tra l'espressionismo tedesco
(a volte seriamente usato come riferimento e parodiato -
pastiche di Lili Marlene) e l'underground newyorchese, il
film porta una parola, e per la prima volta senza dubbio una parola
totalmente femminile, d'una violenza inaudita. [...] Affrancandosi
da tutte le convenzioni morali, interamente basato sul cerimoniale,
il simulacro e l'assenza di pudore [...], Daddy assomiglia
visivamente a una festa pagana. Un olocausto. Raffinato, d'una
ironia estrema aggressiva e virulenta, interamente fondata sulla
rivendicazione di una società di piacere (cfr. la scena sbalorditiva
dove la madre, maledicendo il padre, spiega come gli uomini hanno
utilizzato il piacere a loro profitto). L'immaginario deflagra, con
i suoi affreschi grotteschi, osceni, derisori (sequenza finale, con
il padre crocifisso e fuso nella materia, dove non restano che i
Domenica
20 si
ricomincia dalla mattina, dalle ore 9.15,
con due drammi bellici del cinema del Ventennio fascista: Le
scarpe al sole (1935)
di Marco Elter,
dal
libro del militare Paolo Monelli sulla Prima Guerra Mondiale e
montato da due registi d'eccezione come Camillo Mastrocinque e
Giorgio Bianchi, e Abuna
Messias (1939)
di Goffredo Alessandrini, co-sceneggiato tra gli altri dal grande
cineasta Vittorio Cottafavi, che racconta la seconda missione
etiopica in Abissinia del Cardinale Guglielmo Massaia (avvenuta nella
seconda metà dell'Ottocento ma raccontata in modo da alludere anche
alle successive Guerre d'Etiopia). Nel pomeriggio, dalle ore 14.30,
seguiranno un'ulteriore tassello della breve personale dedicata al
regista messinese Oreste
Palella con
il curioso Cristo
è passato sull'aia (1953,
introvabile film sospeso tra religione e superstizione) e il
melodramma Frou-frou
(perduta per amore)(1955)di
Augusto Genina, nell'ambito del focus sullo scenografo russo Boris
Bilinsky. Nel tardo pomeriggio, dalle ore 18.00,
si terrà invece l'evento più importante della giornata, con tre
proiezioni legate all'intrinseca fisicità del cinema e alla bellezza
dell'esperienza di sala
Nel
1915 tre montanari dello stesso paese alpino - un veterano della
guerra libica e due giovani, di cui uno appena sposato, vengono
chiamati negli Alpini quando l'Italia entra nel conflitto mondiale.
Saranno protagonisti di drammatici avvenimenti tra assalti, ritirate,
vita di trincea. Il vecchio reduce della guerra africana perirà da
eroe, nel tentativo di difendere il proprio villaggio dagli austriaci
dopo Caporetto. Gli altri due torneranno, dopo la vittoriosa
battaglia, alle loro case per raccontare i drammatici avvenimenti
vissuti.
«La
guerra alpina, la nostra guerra alpina, dall'Adamello alla Conca di
Piezzo. Tema altissimo, da far tremare i polsi a qualsiasi regista.
Una guerra combattuta nel regno dei falchi e delle aquile, con le
picozze talvolta più utili del fucile, con le corde talvolta più
necessarie della baionetta. Teleferiche distese su abissi, ricoveri
in caverne ricavate da pareti a picco, tende che avevano per
muricciolo blocchi di ghiaccio; corvées
inenarrabili per far
giungere ai tremila, ai tremilacinquecento ciò che è
indispensabile alla vita dell'uomo [...].
Abuna Messias (Cardinal
Massaia)
di Goffredo Alessandrini, 1939
«Le vicende del popolo italiano sono
unite alla propagazione della civiltà cristiana da una connessione
che trascende ogni contingenza casuale. I principali protagonisti
della sua storia non raramente hanno svolto un compito che si
riallaccia indissolubilmente all'espansione della fede cattolica
romana in altri Paesi e perciò assume un carattere universale. [...]
Il Cardinale Guglielmo
Massaia è una di tali figure. La sua statura umana e cristiana
domina vari decenni della storia etiopica e la sua opera ha tracciato
una pista che fatalmente e provvidenzialmente doveva trasformarsi in
un'autostrada. [...] Bisognava scegliere un episodio centrale tra i
numerosissimi che costellano la sua vita missionaria. Un episodio
altamente significativo e drammatico