Amore imperiale

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Mercoledì 23 settembre 2015, intorno alle ore 16.00, Teatro Miela

Amore imperiale

di Aleksander Volkov, 1941

 

«Mi chiamarono, feci un provino con questo Volkoff e conobbi Bilinsky che era uno scenografo, straordinario, famoso per la prima edizione di Tarakanova. Venni in contatto, così, con un altro aspetto del cinema. Un cinema assolutamente serio, autentico, con un copione eccellente e un regista di primissimo ordine. [...] Volkoff, a differenza di un certo nostro modo di far cinema, lasciava le competenze ai competenti, e pretendeva il massimo dai migliori. Intanto fu il primo a girare nel palazzo reale di Caserta. E diede modo a Bilinsky di vestire e orpellare in libertà, facendo splendere il film con climi favolosi. Non c'era il colore, ma da ogni altro punto di vista le immagini di Volkoff e Bilinsky hanno ancora molto da insegnarci».

Claudio Gora in Francesco Savio, Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano 1930-1943, a cura di Tullio Kezich, Bulzoni, Roma, 1979

 

«Vecchia corte di Russia. Amori e spade, colpi di stato e rivalità di alcova e di politica, sono i naturali ed ormai usuali elementi che periodicamente il cinema ama darci su questo argomento, elementi usuali, ma tali, a quanto sembra, da destare ancora nel pubblico entusiasmi schietti e degni del più popolare spettacolo. La storia di Elisabetta e di Razumosky, fedele innamorato e seguace, si svolge così in una indovinata atmosfera di idillio e di avventura che pare avere incontrato subito il favore del pubblico. Nella prima parte del film la regia si compiace della levità campestre degli incontri della principessa di sangue reale con il pastore, per stringersi sempre più verso il finale, in un tono di dinamico e quasi vertiginoso calcarsi di avvenimenti. Questa ultima parte è indubbiamente quella che più ci sembra meritevole di lode, anche per ché riesce effettivamente nel suo ritmo scorrevole e sempre crescente a portar via con sé l'attenzione completa degli spettatori e molta, come si usa dire, della loro "passione". La parte decorativa del film, la parte costumistica e scenografica sono curate con un ordine ed un gusto di ottima marca, così come di sommo decoro è sembrata in genere la recitazione di quasi tutti i protagonisti. Luisa Ferida, che da Salvator Rosa in poi sembra come aver ricevuto un impulso nuovo e nuove possibilità, in una parte questa, di assai più controllata misura, si muove con schiettezza e avvincente spontaneità».

Giuseppe Isani, «Cinema», n. 130, 25 novembre 1941

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