Jacopetti Gualtiero

(Barga, 4 settembre 1919 - Roma, 17 agosto 2011)
Durante la Seconda guerra mondiale collabora con i servizi segreti americani, ma dopo il congedo si interessa invece di giornalismo, iniziando a scrivere per «Oggi» e «Corriere della Sera». Più tardi arriva a Roma, dove si occupa de «La Settimana INCOM» e continua l'attività di giornalista militante, diventando un po' un personaggio caratteristico della scena italiana di quegli anni, cui probabilmente si sarebbe ispirato lo stesso Fellini per La dolce vita. Scrive intanto anche il commento per l'edizione italiana del documentario L'Amérique insolite (L'America vista da un francese, 1958), che lo fa notare da Blasetti, con cui poi collabora per Europa di notte (1959), grande successo di pubblico che genera il filone dei "film di notte" e apre la strada a tutta una serie di reportage ammiccanti. Da questa moda prende le mosse anche il primo vero film da regista di Jacopetti, firmato insieme a Franco Prosperi e Paolo Cavara, Mondo cane (1962), una commistione di documentario, reportage e docufiction che illustra aspetti curiosi, truculenti o pruriginosi da tutto il mondo. Il film, che ottiene persino una nomination agli Oscar, è un successo planetario, che spinge subito alla realizzazione di un Mondo cane 2 (1963), costruito in larga parte con scarti del primo film e successivamente disconosciuto dall'autore. Nel 1963 esce anche, sempre in collaborazione con Cavara e Prosperi, La donna nel mondo, dedicato alla moglie Belinda Lee, attrice tragicamente scomparsa nel 1961. I titoli successivi, sempre costruiti su una formula simile al primo Mondo cane, sono Africa addio (1966) e il mockumentary Addio zio Tom (1971), che accanto al successo di botteghino rinnovano e inaspriscono le polemiche su strumentalizzazione e spettacolarizzazione della violenza e del dolore. L'ultimo film per il cinema, Mondo Candido (1975), ispirato a Voltaire e girato ancora una volta insieme a Prosperi, segna invece un'amara delusione per Jacopetti, che decide di abbandonare l'attività di regista, pur con delle occasionali collaborazioni televisive e lo sfortunato tentativo di Operazione ricchezza (1983), rimasto inedito fino al 2009. Criticati da gran parte della stampa come esempio di giornalismo destrorso se non propriamente fascista, i suoi documentari vengono parzialmente riabilitati in anni recenti per il lavoro sul linguaggio, la commistione di generi e l'uso inventivo di musica e montaggio.

 

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