Harlan Veit

(Berlino, 22 settembre 1899 - Capri, 13 aprile 1964)
Allievo di Max Reinhardt, nell'immediato dopoguerra inizia una carriera da attore teatrale che lo porta presto a esordire anche in cinema. Come regista, da metà anni '30 si specializza in film melodrammatici, spesso in costume e interpretati dalla compagna Kristina Söderbaum (Verwehte Spuren, 1938), che riscuotono buoni consensi e lo pongono al centro della scena cinematografica tedesca. Proprio a lui si rivolge allora Goebbels per una serie di lavori di propaganda che culminano in Jud Süß (Suss, l'ebreo, 1940), titolo antisemita per eccellenza, mostrato a tutti gli appartenenti delle SS. Ormai riconosciuto a tutti gli effetti come "regista di regime", gli vengono affidati altri progetti monumentali come Kolberg (La cittadella degli eroi, 1945, che pure lo mette parzialmente in contrasto con Goebbels), cui fanno però da contraltare alcuni melodrammi enfatici in cui si profilano sempre più nettamente sconfitta e decadenza (Opfergang, 1944). Subito dopo la fine del conflitto mondiale viene accusato di collaborazione con il regime nazista e, pur riuscendo sostanzialmente a difendersi sul piano legale, la sua carriera ne esce irrimediabilmente macchiata. Continua comunque a lavorare per tutti gli anni '50, proponendo però ormai un tipo di cinema anacronistico, che suscita ampie polemiche proprio per la mancata presa di responsabilità, stigmatizzata innanzitutto dal suo stesso figlio, Thomas, che in questi anni si dedica invece a una fervente opera di persecuzione verso i responsabili di crimini nazisti. Sulla sua carriera e la sua eredità è stato recentemente girato il documentario Harlan - Im Schatten von Jud Süss (2008).

 

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