Due lettere anonime

Regista - Director: 
Immagine: 
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Anno - Year: 
1945
Soggetto: Ivo Perilli, Aldo De Benedetti (non accreditato); sceneggiatura: M. Camerini, Carlo Musso, Vittorio Nino Novarese, I. Perilli, Turi Vasile; fotografia: Massimo Terzano; montaggio: Baccio Bandini; scenografia: Gastone Medin; musica: Alessandro Cicognini; interpreti: Clara Calamai, Andrea Checchi, Otello Toso, Carlo Ninchi, Dina Sassoli, Giovanna Scotto, Vittorio Duse, Heinrich Bode; produzione: Carlo Ponti, Franco Piperno per Lux/Ninfa; origine: Italia, 1945; formato: 35mm, b/n; durata: 86'.
Copia BetaSP (da 35mm) da Cineteca Nazionale.

«Uno dei film più coraggiosi di tutta la storia del cinema italiano, film senza padrini o partiti alle spalle, testimone della Resistenza senza esserne celebrazione. Evocato anche di recente in un romanzo di Lenzi, resta una di quelle zone veramente segrete del cinema italiano, uno di quei fili del rapporto tra Vaticano e mondo ebraico, oltre le dispute storiche su Pio XII o su figure controverse come Eugenio Zolli, e che tocca episodi cinematografici come La porta del cielo di De Sica e l'opera di Romolo Marcellini, ma in primis una figura come Franco Piperno che ottenne protezione dal cineasta vaticano ufficiale Giorgio W. Chili e contemporaneamente impiantò la produzione di questo film di Camerini. Il quale ha sempre eluso le ipotesi sulle proprie origini ebraiche, aggirando ogni legge razziale ben prima della sua promulgazione: semplicemente per un carattere da apolide anche verso il mondo che i nazionalisti etichettarono apolide. Col citato film di De Sica e con Lo sconosciuto di San Marino di Cottafavi e Waszynski, è il film della vera controstoria italiana. È anche il punto d'arrivo delle frequentazioni giornalistiche del cinema cameriniano, ponendo al centro della vicenda la tipografia che stampa clandestinamente. Solo un cineasta segnato dall'esperienza delle guerre poteva compiere un tale atto sovrano verso il suo tempo, che non teme di essere pessimista nel momento dei domani che cantano. L'aver rifiutato questo film e aver impedito a Camerini ("regista ormai fuori dalla storia" secondo la formula di rara ottusità di Aristarco) di realizzare progetti sul dopoguerra come Il maestro, è il massimo segno di quella cecità critica che porterà a stravolgere Fiamma che non si spegne di Cottafavi».
Sergio Grmek Germani, Le trincee del Carso, il disco rotto di Giovinezza,
i veli di Anna Karenina e Madame Bovary
, in Arnaldo Colasanti, Ernesto Nicosia
(a cura di), [Mario Camerini], Gli Archivi del '900, Roma, 2011, in via di stampa

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