Programma e trame: sabato 14 sera

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dalle 20.30 

alla presenza di/with Jelena Maksimovic ́, Ivan Salatic ́ e/and Rossella Or 

Castelli di sabbia, III. Ingoiare la luce 

  

KASNO SMO SE SRELI (AT LEAST WE'VE MET) 

Marko Grba Singh, 2012, 15'. ˇ 

Regia, sceneggiatura: Marko Grba Singh; Fotografia,montaggio: Marko Grba Singh, Stefan Ivančić; Suono/sound design: Branko Topalović, Nikola Lukić; Interpreti: Zoran Papović-Papke; Produzione: FDU, Filmgrgisme; Origine: Serbia, 2012; Formato: digitale, col.; du rata: 15'. Copia digitale da FDU / Non Aligned Films.

Ancora studente del secondo anno di regia alla Facoltà di arti drammatiche, Marko Grba Singh realizza il curioso ritratto di un personaggio della vita belgradese: un senzatetto di grande cul tura, figlio di diplomatici, al quale il brusco cambiamento del sistema in Jugoslavia stravolge la vita. Il film ha avuto la prima mondiale al festival Visions du Reel 2012, nella se zione "Premiers pas".

 

alle 20:50

PISMO C ́AC ́I (A LETTER TO MY FATHER) 

Damir Cucˇic ́, 2012, 72'. 

Regia, sceneggiatura: Damir Čučić; Soggetto: dal monologo di Milivoj Beader; Fotografia: Boris Poljak; Montaggio: Damir Čučić, Hrvoje Mršić; Sound design: Martin Semenčić; Interpreti: Milivoj Beader, Mate Gulin; Produzione: HFS (Vera Robić Škarica); Origine: Croazia, 2012; Formato: digitale, col.; durata: 72'. Copia DCP da Hrvatski filmski savez.

Prodotto come film sperimentale, è il primo lungometraggio di Čučić, dopo decine di corti e documentari. Un ritratto del rapporto tra un padre e un figlio originari del retroterra dalmata.

«Le mie doti cinematografiche si sono sviluppate negli anni Novanta e sono stato abbastanza fortunato da collaborare con molti autori sperimentali. All'epoca, secondo me, il cinema sperimentale era l'unico ambito nel quale la Croazia era il riferimento a livello mondiale. Le altre forme cinematografiche nella Croazia del tempo erano mediocri o pessime. Ivan Ladislav Galeta, Tom Gotovac, Boris Poljak, Milan Bukovac, Zdravko Mustać e altri sono riusciti a infettarmi permanentemente con la spe rimentazione, e ho continuato fino a oggi esplorando ogni area dell'espressione cinematografica. Pismo ćaći flirta con fiction, documentario e sperimentazione, perché mi piace giocare con il cinema così. Abbiamo modificato e aggiunto elementi alla storia durante le riprese, e poi abbiamo cambiato tutto nel montaggio. Per fare una cosa così devi capirti bene con i collaboratori, e io ho lavorato con attori eccezionali e troupe esperte. Il nostro lavoro è stato fruttuoso, ma so che sperimentando si può sbagliare. Ed è esattamente in questa incertezza sperimentale che ho trovato una profonda passione per l'arte filmica». 

Vladan Petković,

«Cineuropa», 18 ottobre 2012.

 

alle 22:10

DALJINE (HEAVENS)  

Jelena Maksimovic ́, Ivan Salatic ́, 2014, 19'. Nico d'Alessandria, l'indispensabilità dei coati

Regia, sceneggiatura, montaggio: Jelena Maksimović, Ivan Salatić; Fotografia: Ivan Marković, Relja Ilić, Živko Žikić; Interpreti: Aleksandra Dačić; Musica: Pavle Popov; Suono: Jakov Munižaba; Produzione: Non Aligned Films; Origine: Serbia, 2014; Formato: digitale, col.; durata: 19'. Copia digitale da Non Aligned Films.

C'è una dedica alla fine del film: «Našim očevima», ai nostri padri / to our dads. Daljine è un "home movie" che mescola le immagini d'archivio dei momenti felici del periodo del benessere e la prosperità dei padri e figli, con le immagini del presente, dei figli senza padri. La vita in movimento (la corsa nel campo di grano, le pedalate in bici) in cerca di compensare la "lontananza" (heavens in traduzione inglese) che separano i mondi delle due generazioni. Jelena Maksimović e Ivan Salatić firmano insieme questo film.

 

alle 22:35

Nico d'Alessandria, l'indispensabilità dei coatti

L'AMICO IMMAGINARIO 

Nico d'Alessandria, 1994, 85'. 

Regiasceneggiatura: Nico d'Alessandria; fotografia: Bruno Di Virgilio; montaggio: Maurizio Baglivo; musica: Riccardo Fassi; interpreti: Victor Cavallo, Valeria D'Obici, Roberto d'Alessandria, Emiliano Vitolo, Gerardo Sperandini, Giuseppe Amodio; produzione: N. d'Alessandria; origine: Italia, 1994; formato: 35mm, col.; durata: 85'. Copia 35mm da Cineteca Nazionale.

TRAMA:

Dino si sente  inadeguato alla vita e ha bisogno di potersi liberare di tutto quanto ha dentro. Con l'aiuto della psicanalisi e di un amico prete raggiunge l'obiettivo. Il sacerdote rimarrà a sostenerlo anche dopo morto. Il regista sa descrivere bene la psicologia del personaggio ma si arena nelle secche di una sceneggiatura priva di mordente.

«Dino erra in due mondi per lui enigmatici: se stesso e il mondo esterno, o meglio il complesso dei rapporti che ha con esso, alla ricerca di un qualcosa che non riesce propriamente a definire. La coscienza dell'estraneità alle persone e alle cose che lo circondano, insieme alla sensazione di vivere un tempo avanti agli altri e comunque diverso, costituiscono la fonte primaria del suo travaglio interiore. Dino ha con le parole, i pensieri, gli oggetti, un rapporto feticistico, verificabile nella meticolosità con cui si accosta ad essi, benché l'uno contribuisca a distrarlo dall'altro, e nello smarrimento provocato in lui da ogni deviazione da questo delicato sistema di comprensione. Unico conforto è la presenza discreta dell'angelo Daniele, prete anomalo defunto che guida e accompagna Dino nel suo interminabile viaggio. Daniele rivela a Dino, come voce della sua più profonda coscienza, uno degli aspetti fondamentali dell'esistenza umana, l'impossibilità di vivere e morire in un modo più semplice (sic!), rassegnandosi al fatto che la vita si disperda spesso nel nulla, in una totale prospettiva fatalistica. La perduta identificazione spirituale con gli elementi vitali (cui dà corpo la figura del prete) è narrata da Nico d'Alessandria con un linguaggio essenziale, in ambienti scarni per dare risalto agli eventi e al turbolento stato d'animo del protagonista, interpretato da un Victor Cavallo particolarmente partecipe e comunicativo».

Maria Barbara Perversi, «Film»,

n. 17, settembre-ottobre 1995

 

 

alle 00:05

ESTATE ROMANA 

Matteo Garrone, 2000, 90'. 

Regia: Matteo Garrone; sceneggiatura: Massimo Gaudioso, M. Garrone, Attilio Caselli; fotografia: Gian Enrico Bianchi; montaggio: Marco Spoletini; musica: Banda Osiris; interpreti: Rossella Or, Monica Nappo, Salvatore Sansone, Victor Cavallo, Paolo Sassanelli; produzione: Donatella Botti e M. Garrone per Archimede/Bianca Film/Tele+/Istituto Luce; origine: Italia, 2000; formato: 35mm, col.; durata: 90'.

Copia 35mm da Cineteca Nazionale.

TRAMA:

Scenografo napoletano piuttosto pigro e svogliato, Salvatore vive in un grande appartamento dalle parti di piazza Vittorio a Roma. Ad aiutarlo c'è la sua assistente Monica, una ragazza separata con una bambina che cerca di far crescere per il meglio, anche se la suocera minaccia di portargliela via e le liti sono sempre molto accese. Salvatore deve portare a termine la realizzazione delle scene di uno spettacolo di 'teatro-danza' ispirato a 'Guerre stellari'. Il lavoro però procede a rilento, il regista mostra impazienza, e, mentre Monica opera su alcuni pianeti, Salvatore ritocca un enorme mappamondo che ha invaso gran parte del suo studio. Una mattina di luglio, senza preavviso, torna Rossella, la padrona di casa, attrice nota nel teatro di ricerca anni '70, ora emarginata e bisognosa di riallacciare vecchie amicizie. Salvatore, Monica e Rossella cominciano una inevitabile e faticosa convivenza...

«Il film [...] è stato girato nella Roma che si prepara al Giubileo, in un tempo di mezzo, sospeso fra la grandezza di un passato che echeggia ovunque, un presente incerto, simbolicamente espresso dai cantieri sparsi per la città, e un futuro tutto da scrivere. E in questo tempo e spazio da ridefinire si muove un'umanità egualmente incerta: uno scenografo alle prese con un mappamondo per uno spettacolo teatrale, avulso dall'incubo e dalla pressione del tempo, la sua assistente, divisa fra aspirazioni e necessità (il bisogno di lavorare per mantenere sé e la figlia), e un'attrice ritornata a Roma dopo un lungo periodo "per rinascere". Si incontrano, e si scontrano, in una città afosa, che questa volta ruota intorno a piazza Vittorio, dove lo scenografo risiede in un appartamento di proprietà dell'attrice. [...] Garrone fotografa il caos, aspirando forse a chiudere un'epoca (il fantasma de La dolce vita aleggia a ogni cambio di decennio: in un percorso ideale sulla fine reiterata di una certa Roma si può abbinare la visione del film a quello de La prova generale di Romano Scavolini, 1968, di Molto di più di Mario Lenzi, 1980, e de L'imperatore di Roma di Nico d'Alessandria, 1988, volendo anche per gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta scegliere un film da immolare sui ruderi della nostra nostalgia)». 

Luca Pallanch, Fotografando la realtà,

in Pierpaolo De Sanctis, Domenico

Monetti, Luca Pallanch (a cura di),

Non solo Gomorra. Tutto il cinema

di Matteo Garrone, Sabinae,

Cantalupo in Sabina, 2008

 

 

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