Nuit de chien

Regista - Director: 
Immagine: 
NuitdeChien.jpg
Anno - Year: 
2008
Soggetto - story: dal ro­manzo Para esta noche di Carlos Onet­ti; sceneggiatura - screenwriters: W. Schroeter, Gilles Taurand; fotografia - cinematography: Thomas Plenert; montaggio - editing: Julia Grégory, Bilbo Calvez; scenografia - set design: Albert Barsacq; musica - music: Eberhard Kloke; interpreti - cast: Pascal Greggory, Bruno Todeschini, Amira Casar, Éric Caravaca, Nathalie Delon, Marc Babé, Sami Frey, Bulle Ogier; ­produzione - production: Paulo Branco e Frieder Schlaich per Alfama Films/Filmgalerie 451/Clap Filmes; origine - origin: Francia/Por­to­gallo/Germania, 2008; formato - format: 35mm, col; durata - length: 120’.
Copia 35mm di Clap Filmes per concessione di Paulo Branco.

«Ancora una volta Juan Carlos Onetti, il noto scrittore uruguayano, approda al cinema con il suo romanzo anni Qua­ranta Per questa notte. La prima volta, nel ’78, ce lo aveva raccontato con lo stesso titolo un film molto intelligente e sottile del nostro Carlo Di Carlo che, separandolo dalla contingenza politica – la caduta della Repubblica di Spagna e il tentativo di fuga all’estero di un rivoluzionario – lo risolveva, pur in cifre realistiche, avvicinandosi ai mon-di visionari di Borges. Adesso Werner Schroeter, un regista tedesco apprezzato negli anni Settanta per un suo personalissimo cinema d’avanguardia realizzato spesso in Italia, in Austria, in Messico, negli Stati Uniti, si rivolge in Francia a questo stesso romanzo sostenuto da un produttore portoghese, Paulo Branco. Lo schema, come impostazione narrativa, non è molto diverso da quello pensato a suo tempo da Di Carlo: nessun riferimento a veri luoghi e citazioni solo astratte della situazione politiche che pesa sull’azione. Sempre comunque un rivoluzionario che tenta di sottrarsi al crollo di un potere cui aveva inizialmente aderito con passione; sempre, attorno, controrivoluzionari, doppiogio­chisti, prevaricatori che quando danno la morte a uomini e donne sembrano sospinti soprattutto da sadismo. Per rappresentarceli, Schroeter si è affidato ad una ambientazione anti-naturalistica e addirittura stilizzata, come se rifatta in palcoscenico, immergendola in un ar­cobaleno insistito di colori forti, spinti in più momenti fino all’eccesso. Come, del resto, tutto quello che vi si muove al centro, tra personaggi allucinati e situazioni all’estremo. Ritrovando, nella rappresentazione, molti di quegli elementi che, in passato, avevano potuto essere considerati la firma dell’autore: immagini barocche, musiche di sfondo affidate spesso a voci della lirica o a composizioni di classici. In scoperto contrasto con una recitazione in tutti aspramente realistica. Stentando molto, però, a risolvere il contrasto».
Gian Luigi Rondi, Le fantasie
apocalittiche di Schroeter,
«Il Tempo», 3 settembre 2008

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