Taylor Mead, icona underground

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La nostra amica e collaboratrice Jackie Raynal, che lo conobbe e lo intervistò, c'informa della morte di Taylor Mead, icona del cinema di Warhol, e pertanto della prima Cappella Underground triestina, inaugurata con "The Nude Restaurant" in cui Mead agisce come uno splendido Stan Laurel in versione gay. Pubblichiamo il bel ricordo di un altro amico del festival, Rinaldo Censi, su "Il manifesto" dell'11 maggio 2013.

http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/ricerca/nocache/1/manip2n1/20130511/manip2pg/11/manip2pz/340124/manip2r1/Taylor%20Mead/

Taylor Mead, star della Bowery streetAPERTURA - RINALDO CENSI 

Poeta, scrittore e attore underground, fu un'icona della Factory di Andy Warhol e della controcultura americana. Una vita bohémien tra cinema e libri, con i suoi reading «beat» in giro per barPer quanto si definisse la prima «superstar» di Warhol, anzi, una «superstar ancora prima di conoscere Warhol», per quanto si considerasse «la più grande star al mondo», aggiungendo, non senza trattenere una risata, «anche se mi hanno seppellito ancora vivo», è probabile che a molti lettori il nome di Taylor Mead non dica nulla. Eppure, con la sua morte sparisce un altro tassello di quella controcultura americana seppellita ormai da decenni di correttezza politica e falso perbenismo. Nato a Detroit da una famiglia molto in vista (il padre è un Von Hindenburg, la madre una componente dell'alta società, anche se in declino), Taylor viene spedito dai genitori a studiare in un collegio, nel Connecticut (ricorderà di aver trovato nella prefazione di un libro dell'amato George Bernard Shaw, forse Pygmalion , la risposta a questa usanza: la schizofrenia dell'alta borghesia). Perde la madre a tredici anni. Avrebbe potuto diventare un ottimo broker, egli ricorda a Sissi Tax in un'intervista pubblicata su The Brooklyn Rail nel 2004, ma la città non ha una vita notturna, gli appare morta. In più, la presenza del padre, figura facoltosa, gli risulta particolarmente ingombrante: nessuna possibile privacy, una specie di vita vissuta all'interno di una gabbia dorata. Riformato alla visita militare per problemi alla vista (quando nasce il forcipe lascia segni profondi), non viene arruolato. Legge Kerouac e i poeti Beat, Ginsberg e Ferlinghetti. Lascia Detroit, viaggia per gli Stati Uniti in autostop. Finisce al fresco, gliene capitano di tutti i colori. A Cape Cod va in cerca di Tenessee Williams, si sposta per Broadway. A New York, durante un'estate che ricorda torrida, ha una rivelazione: vede una serie di personaggi sfaccendati che bivaccano facendosi gli affari loro e comprende di farne parte. La vita del bohémien è quella che deciderà di vivere. Si stabilisce a San Francisco, dalle parti di North Beach. Alla fine degli anni '50 (nel 1959) gira con Ron Rice The Flower Thief . La pellicola 16mm viene regalata a Rice dal produttore hollywoodiano Sam Katzman. Caricatori in dotazione alle truppe aeree durante la guerra. Quando Ginsberg e Ferlinghetti vincono la causa per oscenità legata a Howl , Mead capisce che è il momento di ritornare a New York. Sono i tempi delle coffee house, l'attività artistica è in fermento. Conosce Dylan e il gruppo dei Beat. Spinto dagli amici, inizia a tenere reading. Il risultato è spesso spiazzante, c'è chi non apprezza per nulla, eppure, una volta salito sul palco, non vi scenderà più. C'è una foto che lo ritrae pluriottantenne, occhialuto con cuffia sbilenca sul capo, intento a recitare poesie, mentre con la mano sinistra regge una borsa di plastica rossa. Al suo interno potrebbe nascondersi di tutto: ritagli di giornali, vecchie edizioni di suoi libri ormai fuori catalogo, giocattoli rotti. Vive, infatti, nel caos. Un mese fa, aveva dovuto lasciare il suo appartamento al 163 di Ludlow Street, nel Lower East Side. Il proprietario stava ristrutturando lo stabile e Mead si era rifiutato di traslocare. Viveva tra martelli pneumatici e muratori. Poeta, attore? Nel 1963 gira con Ron Rice The Queen of Sheba Meets the Atom Man. Nel cast c'è anche Jack Smith. Rice lavora improvvisando. In una sequenza di gruppo, Jack Smith balla voluttuosamente e striscia sul pavimento.Taylor Mead porta una strana scatola sul capo. Sono tutti strafatti di anfetamine, probabilmente. Gira con Gregory Markopoulos The Illiac Passion . Fa parte del cast di Hallelujah The Hills , realizzato da Adolfas Mekas (con il contributo del fratello Jonas). Il film vince un premio a Locarno. Scrive per Film Culture un testo intitolato The Movies are Revolution . Conosce Warhol grazie a Henry Geldzahler. Con lui gira numerosi film, tra cui il famoso e poco visto Taylor Mead's Ass (1964): settantasei minuti dedicati al posteriore di Mead. Viaggia con Warhol a Beverly Hills e lì, in un resort, insieme a Dennis Hopper, viene realizzato Tarzan and Jane Regained, Sort of.... Vengono poi Imitation of Christ (con Brigid Polk), Lonesome Cowboys (con Joe Dallessandro e Viva), Nude Restaurant. Nel 1968 Valerie Solanas spara a Warhol. Tutto cambia. I tempi della Silver Factory finiscono, ma Taylor fa in tempo a ravvivare le notti del Max's Kansas City. Nel 1969 ha una parte in Midnight Cowboy di John Schlesinger (la versione hollywoodiana dei film di Warhol). Poi, si sposta in Europa. Recita in Cleopatra (1970) di Michel Auder con Nico, Viva, Gerard Malanga. Approfitta della casa di Jerome Hill, un amico filmmaker, a Cassis, nel sud della Francia. Viaggia in Italia, a Roma. Mostra The Queen of Sheba Meets the Atom Man alla Galleria Tartaruga e poi alla Marlborough. Ricorda l'entusiasmo di Antonioni e di Moravia, che ne scrisse anche. Continua a scrivere e a recitare poesia, il cinema underground è in declino. Nel 1977 appare non accreditato nel film La banda del gobbo ( Umberto Lenzi). Insieme a Jimmy il Fenomeno interpreta la parte di un pazzo. La folle truppa della Troma Film lo ingaggia per The Toxic Avenger IV: Citizen Toxie (2000). Chiude in bellezza la sua carriera d'attore interpretando Champagne , l'ultimo episodio di Coffee and Cigarettes di Jim Jarmusch (2003), suo grande fan. Nel 2005 al Tribeca Film Festival viene proiettato un documentario a lui interamente dedicato, ExcavatingTaylor Mead . A rivederlo nelle foto, viene da pensare che abbia avuto un'esistenza felice. Non si può fare a meno di pensare ai grandi attori dello slapstick americano. Qualcosa lo avvicina a Harry Langdon, magari con quel filo di timidezza in meno, e un pizzico di follia in più. Ripensando a The Flower Thief , viene quasi spontaneo dire che TaylorMead possedesse davvero la stoffa anomica cara a molte figure dello slapstick . Quelle figure sono parodie dell'uomo moderno, sicure di possedere la formula giusta per avere successo, e pronte invece a mandare tutto in vacca, con nonchalance , lasciando dietro di sé solo uno gioioso panorama di distruzione.  

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