Bianchi Giorgio

Romano di nascita (18 febbraio 1904), imparò lentamente e duramente il cosiddetto “mestiere”. Fu attore; esordì nel 1925, in film drammatico-sentimentali che dovevano successivamente ispirarlo per le pellicole del suo debutto nella regìa. Nel 1933 decise di lasciare il set per porsi dietro la macchina da presa, e fu “aiuto” di Amleto Palermi per alcuni anni. Visto che non riusciva a sfondare come lui voleva, assunse di buon grado la direzione della Artisti Associati-ICI, cioè un’azienda di doppiaggio, che gli tornò molto utile per le sue future fatiche di “direttore di attori”. Il primo film interamente suo lo firmò nel 1942 e si intitolava La maestrina, dalla commedia di Niccodemi, con Maria Denis e Nino Besozzi. L’anno prima era stato consulente tecnico di De Robertis per Uomini sul fondo, ma fu quella un'esperienza che Bianchi mise a profitto per tutt’altre storie da quelle veristiche alle quali il cinema nostro cominciava in quegli anni a interessarsi (Fari nella nebbia di Franciolini, Ossessione di Visconti, I bambini ci guardano di De Sica). Infatti, a La maestrina seguirono: Una piccola moglie, Fatalità, Che tempi!, con Gilberto Govi, Vent’anni!, col terzetto scoperto da Castellani per Sotto il sole di Roma. Ed ancora: La nemica e Scampolo, nonché i comici Amor non ho, però però, Accadde al penitenziario, Il conte Max, ecc. Produzione disuguale, come si vede, in bilico sempre fra il sentimento e la farsa, comunque priva di pretese psicologiche e col solo intento di appagare certo gusto elementare della massa domenicale del pubblico italiano.
Questo è Giorgio Bianchi. Il regista dell’“evasione” cinematografica, dell’antirealismo per eccellenza, che, al contrario di altri colleghi autori di film simili ai suoi, fa sfoggio sempre di una eccellente preparazione tecnica, ponendosi su un gradino superiore da dove riesce, anche, a dominare con una certa spavalda sicurezza.

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